Liberazione, la strigliata del generale. Misconosciuta la verità sul 1944, ancora ingratitudine verso Infelisi
Riportiamo dal quotidiano on line “Il Resto del Carlino. Cronaca” del 28 luglio 2024 a cura di Lucia Gentili.
“Misconosciuta verità sulla Liberazione e ingratitudine per la figura del maggiore Pasquale Infelisi, trucidato il 14 giugno 1944”. Il generale dei carabinieri in congedo Alessandro Gentili, da una decina di anni residente nel capoluogo di provincia, chiede il giusto riconoscimento ai soldati che sacrificarono la propria vita per liberare Macerata.
Dal 2018 è vicepresidente nazionale dell’Associazione nazionale combattenti della Guerra di Liberazione inquadrati nei reparti regolari delle forze armate, l’Ancfargl, che ha lo scopo di conservare la memoria del ruolo svolto dai reparti delle forze armate del Regno d’Italia ricostituite dopo l’8 settembre, che dettero vita al 1° Raggruppamento motorizzato, poi al Corpo italiano di Liberazione (sciolto nel settembre ‘44 nel Maceratese) e quindi ai Gruppi di combattimento. Dalla mancata cittadinanza onoraria del Comune ai paracadutisti Nembo fino alla proposta dell’intitolazione di una via al maggiore Infelisi, il generale dice la sua sulla Liberazione.
– Chi liberò Macerata nel 1944?
“Nel giugno ‘44 i reparti tedeschi attestati lungo la riva sinistra del Chienti e sulle vicine colline, dopo dieci giorni di combattimenti con i soldati polacchi e i paracadutisti della Nembo, furono costretti a ripiegare a nord del Potenza. Tra il 29 e il 30 giugno i soldati italiani con gli Alleati liberarono Civitanova, Montecosaro, Morrovalle, Corridonia, Loro Piceno, Macerata, Tolentino e Montelupone.
Per approfondire la storia, a settembre l’Ancfargl pubblicherà il libro “Il Fronte del Chienti e la Liberazione del Maceratese (1944-2024)”. Non sarà in vendita, ma dato in omaggio”.
– Il Comune di Macerata, di centrodestra, non ha ancora conferito alla Nembo la cittadinanza onoraria promessa (a differenza di Filottrano e Tolentino). Perché?
“Preferirei non rispondere. Le formazioni partigiane avranno avuto pur qualche merito, ma sono stati solo i reparti delle unità militari alleate e quelli italiani cobelligeranti che hanno costretto i tedeschi a lasciare il fronte del Chienti e Macerata. E questo va ricordato immancabilmente per l’avvenire ogni 30 giugno. Sono più di dieci anni che si sono susseguite testimonianze pubbliche e studi che hanno chiarito i ruoli effettivamente svolti dalle unità militari e dalle formazioni partigiane. Ma è come se si fosse parlato al vento nel deserto. Personalmente ho approfondito la tematica e mi sarei aspettato che Macerata ricordasse almeno quest’anno tutti i protagonisti della Liberazione”.
– Come potrebbe essere risolto questo nodo?
“La presidenza nazionale della mia associazione, se invitata, sarà lieta di essere presente ogni 30 giugno e ricordare il ruolo dei soldati del Corpo italiano di Liberazione (Cil), di cui è legittima rappresentante”.
– Ha parlato di ingratitudine per il maggiore dei carabinieri Pasquale Infelisi, il cui mezzobusto si trova al monumento di via Campanile a Macerata. Perché?
“Dal 1942 fino al suo brutale assassinio si è battuto a viso aperto contro le autorità fasciste e dopo l’8 settembre del ‘43 anche contro quelle naziste, sempre alla guida dei suoi carabinieri, in difesa della popolazione. Macerata si è ricordata di lui solo nel 1975 dedicandogli un monumento nel luogo della sua morte. Poi se ne è dimenticata di nuovo sino al 2014 e infine è stato ricordato solennemente lo scorso 14 giugno, per l’80° anniversario della morte. C’erano tutte le autorità e alcuni studenti. I maceratesi però non c’erano e quel che è peggio è che di lui non sanno nulla, neppure che è esistito! Forse potremmo intitolargli una via, una piazza…”.
– La storia la scrivono i vincitori?
“Sì, da sempre, quasi in tutto il mondo. Meno che a Macerata a quanto pare, almeno per ora. Ci tengo a chiarire che gli Alleati angloamericani avrebbero comunque liberato l’Italia dagli occupanti nazifascisti anche senza i soldati italiani e i partigiani. Avrebbero impiegato un po’ più di tempo, ci avrebbero “spianato” con i bombardamenti e alla fine ci saremmo sentiti puniti per aver messo il mondo a soqquadro con l’ex alleato germanico. E non avremmo avuto più ragione di ritrovarci a litigare ogni 25 aprile…”.